Il Tribunale Permanente dei Popoli replica agli insulti

Sulle pagine torinesi del quotidiano La Repubblica del 20 novembre 2015 la risposta del Tribunale Permanente dei Popoli ad un articolo pubblicato dallo stesso quotidiano l'11 novembre 2015.
Nell'articolo fortemente diffamatorio si parlava, a proposito di TPP, di "sedicente tribunale" paragonandolo a chi "raccatta oggetti privi di valore e pezzi di ciarpame" e via denigrando.

Segno che la sentenza non poteva passare inosservata e soprattutto che aveva colpito nel segno.
Lo stesso articolo, riferendosi al pubblico presente ai lavori, parlava di "piazza" selezionata e ristretta, ma rumorosa: mettiamo le registrazioni audio/video anche a disposizione del distratto autore dell'articolo.

Ecco la risposta, a firma di Gianni Tognoni - Segretario generale del TPP, pubblicata da Repubblica nell'edizione cartacea del giornale a pagina 8 dell'edizione di Torino:

GENTILE direttore, abbiamo letto la lettera di Gian Carlo Caselli nella cronaca torinese del suo giornale. I suoi contenuti risultano fortemente lesivi dell’identità e delle attività del Tribunale Permanente dei Popoli (Tpp), includendo informazioni fuorvianti e giudizi ancora più inquietanti. Ricordiamo che:
  1. Il Tribunale dei Popoli è un’istituzione con oltre 35 anni di vita e una attività rigorosamente condotta sulla base di precise regole, attraverso più di 40 sessioni internazionali, i cui risultati sono stati riconosciuti ai più alti livelli istituzionali del sistema delle Nazioni Unite.
  2. Il Tpp non è dunque un «sedicente tribunale». Direttamente generato dai Tribunali Russell degli anni ’60 e ’70, il Tpp è la più antica istituzione appartenente a quel sistema di tribunali di opinione sempre più riconosciuti nella dottrina del diritto internazionale e dei sistemi giuridici come componente imprescindibile dello sviluppo di un diritto in grado di rispondere, con la reale partecipazione dei cittadini, a questioni espulse dalle sedi giurisdizionali statali e sovrastatali.
  3. Mai, nonostante la criticità e la delicatezza dei giudizi pronunciati (da quelli sui desaparecidos, già ai tempi della dittatura argentina, a quelli su Bhopal e Chernobyl, a quelle recenti sul genocidio dei Tamil) i metodi di accertamento dei fatti e i giudizi del Tpp sono stati oggetto di contestazioni de facto e de iure.
  4. Se Gian Carlo Caselli si fosse informato seriamente (come si può attendere da una persona con una storia professionale, istituzionale e umana tanto qualificata) saprebbe che: a) il Tpp ha comunicato tempestivamente e secondo Statuto l’atto di accusa e il conseguente invito alla difesa alle parti in causa; b) tutte le procedure relative ai rapporti con queste stesse parti sono documentate nel dettaglio nel testo che introduce il dispositivo; c) tutto il procedimento si è svolto a Torino e ad Almese nel più pieno rispetto delle opinioni e senza un neppur lontano accenno a «chiedere la testa degli imputati».
  5. Ci stupisce ancora di più e rattrista profondamente che Gian Carlo Caselli abbia potuto esprimere giudizi inqualificabili (e che si preferisce perciò qui non ripetere) sui membri e le competenze della giuria nel loro complesso, e in modo specifico, sul presidente di questa sessione. I nomi e le qualifiche dei giudici sono illustrate nel dispositivo della sentenza e ulteriormente verificabili. Per quanto riguarda le competenze più specificamente giuridiche – e più violentemente diffamate – è importante far notare che il presidente della giuria della sessione realizzata a Torino dal 5 all’8 di novembre è Philippe Texier, già magistrato della Corte di Cassazione francese e membro, oltre che presidente per numerosi anni, del Comitato di diritti economici, sociali e culturali dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (1987-2008); e che i suoi componenti sono giuristi, economisti e difensori dei diritti umani le cui competenze sono riconosciute a livello internazionale.