La sessione del Tribunale permanente dei popoli su
DIRITTI FONDAMENTALI, PARTECIPAZIONE
DELLE COMUNITÀ LOCALI E GRANDI OPERE
Dal Tav alla realtà globale
(Torino-Almese, 5-8 novembre 2016)
scheda di presentazione
La sessione del Tribunale permanente dei popoli dedicata a «Diritti fondamentali, partecipazione delle comunità locali e grandi opere» prende le mosse dal ricorso 8 aprile 2014 con cui il Controsservatorio Valsusa e un folto gruppo di amministratori locali hanno denunciato la grave e sistematica violazione, con riferimento alla progettata costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione, di numerosi diritti fondamentali dei cittadini e della comunità della Val Susa, chiedendo il relativo accertamento con le deliberazioni conseguenti. I ricorrenti hanno fin dall’inizio segnalato che la situazione della Val Susa, lungi dall’essere un caso isolato, è espressione di un modello di sviluppo, diffuso in tutto il pianeta, che produce devastazioni ambientali lesive dei diritti fondamentali dei cittadini attuali e delle generazioni future e che estromette dalle scelte le popolazioni direttamente interessate. Ciò avviene, nel contesto italiano ed europeo, con modalità meno brutali di quelle usate in anni passati nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo ma è indicativo della stessa logica autoritaria e coloniale e del trasferimento a poteri economici e finanziari nazionali e internazionali di decisioni di primaria importanza per la vita di intere popolazioni e/o di quote significative di cittadini. I ricorrenti hanno, dunque, chiesto al TPP di accertare e condannare, insieme alle condotte denunciate con riferimento alla Val Susa, questo modello e le sue manifestazioni più eclatanti che si stanno verificando nel resto dell’Italia e dell’Europa.
Il ricorso è stato ritenuto ammissibile dalla presidenza del TPP con provvedimento del 20 settembre 2014 nel quale si è rilevato che «il ricorso pone tematiche simili a quelle già attualmente sottoposte all’esame del TPP: specificamente il caso Messico, quello dell’industria mineraria del Canada, e la richiesta – giunta in parallelo a quella TAV, da parte di una rete di “gruppi esperti” e di “comunità resistenti” di Stati Uniti e Inghilterra – di una sessione sul fracking». Nel provvedimento si è, quindi, precisato che «il caso TAV, insieme alle altre vicende segnalate al TPP, è “rappresentativo” di processi e meccanismi più generali, specificamente importanti nella attuale fase della evoluzione economica-politica europea e mondiale» e che, conseguentemente, «il TPP dovrà esaminarlo e discuterlo insieme ad altri casi (europei e extraeuropei), che nel loro insieme siano ben significativi delle diverse modalità secondo cui (in Paesi e per problemi diversi, ma comparabili e complementari) si esperimenta la realtà di un diritto solo procedurale e l’assenza di effettivi strumenti giuridici di azione».
All’esito dell’attività preparatoria, nel corso della quale una delegazione del TPP ha incontrato anche i movimenti di opposizione alla costruzione dell’aeroporto di Notre Dame des Landes in Francia e alla realizzazione del progetto Mose a Venezia, si è pervenuti alla sessione inaugurale di Torino del 14 marzo 2015 e, quindi, alla sessione finale che avrà inizio, sempre a Torino, il 5 novembre 2015.
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Punto di partenza e, insieme, centro dell’analisi del TPP sarà il caso TAV in Val Susa. Di esso vanno, dunque, chiariti i termini in fatto.
La Val Susa collega l’Italia con la Francia mediante ben quattro valichi alpini ed è situata nella parte occidentale del Piemonte, a ovest di Torino. Essa comprende 39 Comuni e conta complessivamente, in tutta la sua estensione, circa 97.000 abitanti. La valle è attualmente attraversata dalla ferrovia internazionale del Frejus (c.d. linea storica Torino-Bardonecchia-Modane-Lione), dalla parallela autostrada A32 (i cui lavori si sono conclusi nel 1994) e da due strade nazionali, oltre che da strade minori. Da venticinque anni, quando ancora non era ultimata l’autostrada che attualmente l’attraversa, essa è minacciata dal progetto di costruzione di una nuova linea ferroviaria per treni ad alta velocità/capacità, destinati al trasporto promiscuo di passeggeri e merci, della lunghezza di 270 chilometri, parte in territorio italiano e parte in territorio francese, comprensiva di un traforo di 57 km che dovrebbe bucare le Alpi alla quota di circa 600 metri. Ad oggi la costruzione del tunnel non è ancora iniziata ma in Francia sono stati realizzati, tra il 2002 e il 2010, tre cunicoli esplorativi (future discenderie) mentre in Italia, alla Maddalena di Chiomonte, è iniziato nel 2012 lo scavo di un tunnel geognostico che dovrebbe essere ultimato nel giro di cinque anni.
Sin dalla presentazione del primo progetto di nuova linea ferroviaria si è sviluppata in Val Susa una forte opposizione con il coinvolgimento massiccio della popolazione, di amministratori locali, di docenti universitari, di esperti di varie discipline che hanno evidenziato da subito molteplici aspetti critici. Le ragioni dell’opposizione riguardavano e riguardano: a) l’impatto ambientale e i gravissimi rischi per la salute degli abitanti derivanti dallo scavo del tunnel in una montagna ricca di amianto e di uranio e dai relativi lavori preparatori, con diffusione nell’atmosfera delle polveri sollevate; b) la conclamata inutilità dell’opera, voluta da grandi gruppi imprenditoriali e bancari, sia per la sufficienza della ferrovia già esistente (utilizzata oggi per meno di un quinto delle sue potenzialità) sia per la caduta verticale del traffico merci e passeggeri sulla direttrice est-ovest (in diminuzione anche su strada); c) lo sperpero di denaro pubblico, ammontando i costi dell’opera, in base ai preventivi, a 26 miliardi di euro (in un contesto in cui, nelle grandi opere pubbliche, i costi finali, nel nostro Paese, superano mediamente di oltre cinque volte quello preventivato); d) il mancato coinvolgimento del territorio, lo scavalcamento delle istituzioni locali e l’assenza di qualsivoglia meccanismo di consultazione o di partecipazione dal basso alle decisioni sia dalla fase iniziale (in cui è decisivo l’intervento delle popolazioni locali, anche alla luce della Convenzione di Aarhus del 1998).
Nel corso degli anni il movimento di opposizione è cresciuto e ha organizzato manifestazioni con una partecipazione plebiscitaria della popolazione (fino a presenze di 70.000 persone), diventando un punto di riferimento nazionale e internazionale. A fronte di ciò i poteri economici interessati e, con essi, la grande stampa e la maggioranza della politica nazionale e regionale hanno fatto muro respingendo ogni proposta di reale dialogo e cercando di trasformare l’opposizione di una popolazione in problema di ordine pubblico da gestire con forze di polizia e militari (fino all’utilizzo di reparti dell’esercito già impiegati in Afghanistan).
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Come si è detto, peraltro, la vicenda della Val Susa è solo uno dei casi di progettazione o di esecuzione di grandi opere che rischiano di produrre effetti devastanti sull’ambiente e per la salute dei cittadini. Molti altri ne esistono in Italia e in Europa e tutti propongono, seppur con accentuazioni diverse, lo schema della linea ferroviaria Torino-Lione: decisioni assunte senza informazione e consultazione dei cittadini (o con informazioni inveritiere e consultazioni meramente apparenti), nascita di movimenti di opposizione più o meno consistenti, rifiuto delle istituzioni di aprire un confronto reale e sostituzione del dialogo con il controllo militare del territorio e la repressione penale delle opposizioni.
Di qui l’assunzione, nell’indagine del TPP, di altri casi esemplari. Per quanto riguarda l’Italia, il sistema Mose a Venezia, l’autostrada Orte-Mestre, il passante ferroviario e la stazione per l’alta velocità a Firenze, le trivellazioni per la ricerca di petrolio nel Mar Adriatico e in terraferma, il ponte sullo stretto di Messina, il sistema di comunicazioni satellitari MUOS a Niscemi; per quanto riguarda l’Europa, l’aeroporto di Notre Dame des Landes a nord di Nantes, la linea ferroviaria ad alta velocità HS2 da Londra a Leeds, la linea ferroviaria ad alta velocità dei Paesi baschi, la stazione di Stuttgart 21 in Germania e la miniera d’oro a cielo aperto di Rosia Montana in Romania. Sono, quelli elencati, i casi principali che saranno illustrati ed esaminati nella sessione torinese.
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Questo, dunque, l’oggetto della sessione del TPP, interamente pubblica e aperta ai cittadini, che si svolgerà a Torino dal 5 al 7 novembre e che si concluderà l’8 novembre 2015 con la lettura della sentenza ad Almese in bassa Val Susa.
I soggetti posti sotto accusa nel ricorso del Controsservatorio e degli amministratori della Val Susa sono gli enti promotori della linea Torino-Lione e le apposite società di attuazione, il Governo italiano (anche nelle persone di chi ha presieduto l’Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione), la Commissione Petizioni del Parlamento europeo e il coordinatore UE del Corridoio Mediterraneo nell'ambito delle infrastrutture Ten-T (Trans European Network - Transport). Tali soggetti sono stati informati dal TPP della esistenza del procedimento e del loro diritto di parteciparvi per esporre le loro ragioni e difese. In ogni caso, come già si è detto, il giudizio del TPP si estenderà alla valutazione del modello che presiede alla progettazione e alla esecuzione delle grandi opere e delle ricadute dello stesso sui diritti delle persone e delle comunità interessate, sul rapporto tra i cittadini e le istituzioni, sulle regole e i princìpi della democrazia.
I testi degli esposti e documenti prodotti e altre informazioni e immagini sulla sessione possono leggersi sul sito http://controsservatoriovalsusa.org