Sala Viglione del palazzo del Consiglio regionale
20 aprile 2016
IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI LE GRANDI OPERE E LA VAL SUSA
recensione del Quaderno n.4 del Controsservatorio Valsusa di Ugo Mattei, professore di diritto civile nell'Università di Torino
Il volumetto a cura di Livio Pepino, Il Tribunale Permanente dei Popoli le grandi opere e la Valsusa, esce, per i tipi di Intramoenia, come VI Quaderno del ControsservatorioValsusa. Composto di tre sezioni, esso contiene, in apertura il testo della Sentenza con cui il Tribunale Permanente dei Popoli si esprime sull’ illegalità internazionale del progetto Ferroviario Torino Lione e di alcune altre grandi opere in diversi paesi Europei. La seconda parte contiene i lavori preparatori del processo svoltosi a Torino ed Almese nel corso del 2015, inclusa l’arringa conclusionale del motore di questa iniziativa, il Curatore del volume ed ex magistrato Livio Pepino. Infine, la terza parte offre materiali volti a capire la natura e la struttura del Tribunale Permanente dei Popoli, erede diretto dello storico Tribunale Russel sugli orrori del Vietnam poi divenuto Tribunale Basso.
La disposizione dei materiali nel volumetto si articola perciò a gambero, raccontando prima l’esito, poi le fondamenta giuridiche e solo alla fine soffermandosi sulla natura del decisore, il TPP, un tribunale internazionale di opinione.
Che cos’è un tribunale di opinione? Per capirlo occorre tener presente che il sistema giuridico internazionale oggi vigente, fondato sul c.d. modello Vestfaliano dello Stato nazionale sovrano, nei suoi oltre tre secoli e mezzo di vita, nonostante ripetuti sforzi e parziali successi, mai riuscì a produrre Corti internazionali dotate di autentico potere giurisdizionale sovrano. Nei tempi a noi più vicini, successivamente all’ultima globalizzazione (alla fine della guerra Fredda), la stessa sovranità degli Stati è andata indebolendosi a dismisura senza tuttavia che ciò comportasse un accrescimento di centralizzazione del diritto internazionale. Al contrario, la crisi della sovranità dello Stato nazione ha trasferito il potere sovrano a attori economici privati, le grandi corporation le quali oggi, più potenti degli Stati, producono regole internazionali a proprio uso e consumo. Esse determinano un mondo che risponde alla cosiddetta legge del più forte, in cui il più forte non è più lo Stato sovrano imperialista (di cui si occupò il Tribunale Russel) ma il capitale privato concentrato che determina i processi di produzione del diritto.
In questo mutato contesto giuridico, (U.Mattei e L. Nader, Il saccheggio. Regime di legalità e trasformazioni globali, Bruno Mondadori, 2010) la distinzione fra legge e diritto e quella fra legalità e legittimità diventano cruciali. I Tribunali di opinione, privi di base legale, non producono atti dotati di forza giurisdizionale neppure internazionale, ma nondimeno contribuiscono alla produzione dal basso di diritto (transnazionale). Essi non producono legalità formale ma si pronunciano sulla legittimità sostanziale di determinate azioni. Non si può comprendere la loro natura se non si sa distinguere il mondo (ampio) del diritto da quello (stretto) della leggeufficiale.Untribunale di opinione ha legittimazione unicamente sapienziale—il TPP è composto di autorevolissimi giuristi, per lo più ex magistrati di diverse nazionalità—è costituito per atto di autonomia privata e producediritto imperio rationis (per la forza della ragione) e non ratione imperii (per la ragione della forza). Essi seguono procedure formali rispettose di ogni garanzia del giusto processo, operano in funzione istruttoria raccogliendo in contraddittorio ogni possibile prova, articolano le proprie decisioni in modo rigorosamente argomentato in ogni passaggio.
Nel caso del processo TAV, il ricorso fu presentato dal ControsservatorioValsusa, un’Associazione di intellettuali, esperti e giuristi indignati a causa della continua produzione di propaganda e disinformazione ad opera dell’Osservatorio Valsusaufficialmente istituito (e generosamente finanziato) dai governi. L’Osservatorio fu istituito una decina d’anni fa per discutere con i rappresentanti della popolazione del come ma non del se del mega tunnel. Il tentativo di egemonia, destinato a fallire fu poi sostituito con la repressione poliziesca più brutale orchestrata dalla Procura della Repubblica Torinese che ha superato perfino ogni limite del ridicolo con accuse di terrorismo per semplici danneggiamenti materiali, misure cautelari restrittive della libertà dal significato apertamente inflittivo e soprattutto col caso Erri de Luca.
Il Controsservatorio, presentò il suo ricorso al TPP (riprodotto interamente nel volume) per lamentare la strutturale violazione del diritto internazionale operata da procedure decisionali privatizzate, calate dall’alto, produttrici di violazioni gravi e sistematiche di diritti fondamentali della persona (inclusa la vita e la salute) e delle comunità (beni culturali). In particolare si lamentava la violazione del principio di partecipazione (previsto dalla Convenzione di Aarhus) e più in generale quel diritto di autodeterminazione dei popoli che costituisce il principio fondamentale intorno al quale deve fondarsi qualunque regime di legalità internazionale.
Il Volume denuncia,in Valsusa e in altre lotte di popolo in difesa del territorio come bene comune, un quadro davvero inquietante di legalità formale piegata alle esigenze di un saccheggio illegittimo del territorio con esclusione e vittimizzazione delle comunità. Leggendo la sentenza, che dà ragione alle popolazioni denunciando l’illegalità diffusa a livello di diritto internazionale, al lettore pare di vedere la grande tenaglia fra pubblico e privato che stritola i beni comuni. Un pubblico che concentra il potere nelle mani di un capo dell’esecutivo che non risponde alla cittadinanza ma al capitale privato che ne determina la fortuna politica. Un privato ché è sempre più accumulo di capitale in gran parte finanziario prodotto attraverso l’esternalizzazione sistematica di ogni costo sociale ed ambientale. I due bracci della grande tenaglia sono portatori della stessa logica, della stessa retorica e delle stesse strategie di saccheggio. Strategie che per una certa fase storica parvero limitarsi ai contesti periferici degli Stati autoritari post-coloniali di cui fino ad oggi si era occupato il TPP come bene mette in luce lo stesso Pepino. Strategie che oggi invece vittimizzano anche i cittadini della parte “fortunata” del mondo, quell’ occidente ricco che un tempo saccheggiava le colonie in nome dei suoi sovrani politici e che oggi è saccheggiato da un capitale che non conosce più alcun radicamento territoriale.
La sentenza del TPP mostra implacabilmente che provare a distinguere i due settori, pensando che quello pubblico possa essere più amico dei beni comuni rispetto a quello privato è falsa coscienza ideologica della modernità (si veda U.Mattei, Il benicomunismo e i suoi nemici, Einaudi 2015).
Il libro curato da Livio Pepino ci mostra come il diritto ufficiale sia il prodotto di questa tenaglia ma ci fa anche vedere come ad esso si possa contrapporre un diritto legittimo, prodotto da autentica cultura cosmopolita e dall’ attenzione per i perdenti dei processi capitalistici.L’ alleanza fra giuristi sensibili,capaci di usare il diritto ufficiale in modo contro-egemonico e popolazioni desiderose di farsi protagoniste di azione costituente genera infatti il diritto dei beni comuni (A. Quarta & M. Spanò, Beni Comuni 2.0. Contro-egemonia e nuove istituzioni, Mimesis 2016) I tribunali di opinione, se supportanti da un radicato e forte movimento popolare, sono elementi costituenti essenziali di questa nuova legalità legittima ed ecologica.