Presentato un esposto alla Corte dei Conti
Un nuovo esposto per far luce su presunte irregolarità nelle vicende legate al TAV Torino-Lione è stato presentato da esponenti del Controsservatorio Valsusa supportati da docenti di diritto amministrativo e costituzionale dell’Università di Torino.
Questa volta la competenza è della Corte dei Conti chiamata a verificare la legittimità di una delibera del CIPE che autorizza ingenti erogazioni connesse alla realizzazione della tratta transfrontaliera della linea...
L’esposto presentato il 19 Maggio 2018 alla Corte dei Conti chiede di valutare se sia legittima la delibera del CIPE n. 67/2017 che autorizza l’erogazione di una cifra di 5.574,21 Milioni di Euro (MEur) per la realizzazione di cinque lotti costruttivi non funzionali di competenza italiana del tunnel di base della Nuova Linea Torino Lione (NLTL) o meglio della tratta transfrontaliera della linea. Il primo punto debole della delibera del CIPE sta nei lotti costruttivi. Non c’è una definizione giuridica di cosa sia un lotto costruttivo, ma, in sostanza, si tratta, dato un progetto complessivo di un’opera pubblica, di una parte dell’opera che corrisponde allo stanziamento disponibile in quel momento e di per sé non sufficiente a realizzare l’intera opera. Il lotto così costruito non serve di per sé né può essere utilizzato. Quando poi arriverà un nuovo stanziamento si procederà a realizzare un altro pezzo (un altro lotto costruttivo). È in realtà previsto che una grande opera pubblica possa non essere realizzata tutta in una volta sola, ma per parti (lotti) purché funzionali: in altri termini il pezzo che si costruisce, ancorché parziale, deve essere utilizzabile, cioè servire a qualcosa.
I lotti costruttivi sono stati però introdotti per legge nel 2009, nonostante forti critiche da parte della Corte dei Conti del tempo, specificatamente per opere a carattere sovranazionale in cui siano coinvolti più soggetti istituzionali (nella fattispecie più stati). Il senso ricostruibile per questa norma, sia pur criticata in sede contabile, è che l’unico lotto funzionale per un tunnel transfrontaliero non può che essere l’intero tunnel; d’altra parte però, essendo l’opera condivisa come impegno fra più soggetti istituzionali, è chiaro che il contributo di una singola parte (in questo caso l’Italia) non può di per sé corrispondere ad una porzione funzionale. Tuttavia, e questo è previsto dagli accordi intergovernativi, per salvaguardare un principio di buona amministrazione, per avviare i lavori e la spesa è necessario che sia disponibile l’intero ammontare del costo dell’opera nella sua interezza; insomma: ciascuno deve avere stanziato la sua quota in modo che nel complesso i lavori diano luogo ad un risultato globalmente funzionale.
Al momento in cui il CIPE ha autorizzato l’erogazione della quota italiana la Francia non aveva, e non ha tuttora, stanziato la sua quota. I due paesi dovrebbero contestualmente attivare le rispettive quote. Per questa ragione la delibera del CIPE risulterebbe non legittima. Secondo la tabella contenuta nella delibera 67/2017 la quota francese è di 4056,04 Meur: tale cifra non è iscritta nel bilancio dello stato francese né tantomeno ne è stata autorizzata l’erogazione.
La cifra considerata dal CIPE corrisponde al costo del tunnel di base attualizzato ed è 9630,25 MEur (il costo in valuta 2012 era 8609,68 MEur). Si nota immediatamente che la ripartizione del costo è squilibrata a svantaggio dell’Italia. Questo squilibrio è effettivamente contenuto negli accordi tra Italia e Francia avallati dal parlamento: è infatti previsto che la spesa per la sezione transfrontaliera sia per il 57,9% a carico dell’Italia e per il 42,1% a carico della Francia, nonostante il tunnel sia per circa l’80% in territorio francese e per circa il 20% in territorio italiano. Questa ingiustificata disparità è un ulteriore elemento per considerare l’esborso di denaro nazionale come contrario a criteri di buona amministrazione della cosa pubblica.
Una ulteriore osservazione a questo proposito è che gli accordi di ripartizione, 57,9% a 42,1%, sono a rigore riferiti al costo iniziale (valuta 2012) del tunnel di base, pari a 8.609,68 MEur. I medesimi accordi prevedono che costi aggiuntivi rispetto a quello iniziale vengano divisi al 50% tra i due contraenti. Se anche la rivalutazione calcolata dal CIPE viene considerata come spesa aggiuntiva rispetto alla base concordata, allora le cifre a carico dei due paesi vanno riviste: all’Italia toccherebbero 5495,29 MEur e alla Francia 4134,95 MEur. Anche in questo caso la delibera CIPE si presenta imprecisa a svantaggio dell’Italia.
Un’ultima osservazione è che la somma di cui il CIPE autorizzerebbe l’erogazione non tiene alcun conto del contributo dell’Unione Europea che viene semplicemente posto uguale a zero. In effetti, secondo quanto generalmente sostenuto, l’Unione Europea contribuirebbe alla realizzazione del tunnel di base finanziandone una quota fino al 40% del costo ufficiale in valuta 2012 (qui nessuna rivalutazione è prevista). La cifra corrispondente sarebbe pari a 3443,87 MEur e le quote a carico di Italia e Francia si ridurrebbero rispettivamente a 3581,91 MEur e a 2604,47 MEur, con la base di calcolo rivalutata, o ancora a 3501,29 e a 2685,09 distinguendo la base iniziale e la diversa ripartizione della quota di rivalutazione. Sta di fatto che, pur avendo deliberato il criterio di definizione dell’ammontare massimo del proprio contributo (40% del costo di realizzazione del tunnel di base in valuta 2012) l’Unione Europea non aveva stanziato i fondi alla data della delibera CIPE e non li ha tuttora stanziati.